Lo zaino è l’icona per eccellenza dell’escursionismo, esso conserva per noi vestiti, viveri, attrezzatura, oggetti necessari e tutto quello che può servire durante la nostra escursione. Praticamente la nostra vita da escursionisti sta in uno spazio grande quanto un cuscino. Eppure non possiamo fare a meno di lui. Lo zaino infatti, insieme agli scarponi, è un elemento fondamentale e necessario per fare escursionismo e lo diventa ancora di più quando partiamo per trekking di più giorni. Una cosa che ho notato quando vado a fare itinerari in completa solitudine è la sua indispensabilità, e, come per questo, uno zaino raggiunga il rango di migliore amico: ci aiuta a sostenere il peso, porta tutte le nostre cose e ci tiene compagnia mentre camminiamo. Non mi stupirei se qualche volta, da soli, siete arrivati anche a parlare con lui cercando compagnia o solo un interlocutore, nella stessa maniera in cui il personaggio di Chuck Nolan cerca un dialogo con il pallone Wilson in “Cast Away”. Con tutte queste caratteristiche e il suo ruolo nella vita da escursionisti lo zaino è indiscutibilmente l’accessorio che descrive meglio il senso di libertà. Le foto che troviamo spesso in pubblicità, cataloghi e riviste, ce lo dimostrano, immortalando l’escursionista visto da dietro, evidenziando il suo fedele compagno. Non a caso l’espressione “zaino in spalla” (in inglese: back paking) è spesso usata come metafora del viaggio avventuroso che si affronta portandosi solo lo stretto necessario.
Ma da quanto tempo un oggetto così fondamentale per viaggiare fa parte della vita dell’uomo? È possibile che sia solo frutto solo della modernità o ha lo ha sempre seguito nei suoi viaggi?
Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male. (Renato Casarotto)
Antiche origini
Quella di poter trasportare carichi è una esigenza molto antica, soprattutto tra le popolazioni che vivono nelle montagne. Prima che si iniziasse ad allevare gli animali, e quindi comprendere che potevano essere utilizzati per il trasporto, era l’uomo che si doveva fare carico di materiali pesanti e ingombranti come provviste o legna. I primi zaini furono realizzati in materiali rigidi simili a ceste, utilizzando semplici funi come spallacci. Tra le tante testimonianze sembra che i primi a rendersi conto della praticità di portare pesi sulle spalle siano state le antiche popolazioni nomadi scandinave, le quali erano costrette ad effettuare dei lunghi spostamenti durante il periodo invernale trasportando oggetti necessari e talvolta anche i figli stessi. Nei loro esodi dovevano camminare per molti giorni su territori difficili, affrontando lunghe e difficoltose marce nella neve. Iniziarono quindi a comprendere che caricarsi il peso sulle spalle permetteva una migliore mobilità su braccia e gambe, condizione necessaria per affrontare questo tipo di viaggi.
Si trattava naturalmente di oggetti molto diversi dall’idea di zaino come lo concepiamo adesso: erano per lo più fasce di pelle o di tessuto, avvolte intorno alle spalle e al busto, fissate con dei nodi per stabilizzare e mantenere saldo il carico. Questo sistema creava non pochi problemi, primo a tutti il comfort: il peso del carico spingeva verso il basso, provocando non pochi dolori alla schiena e alle spalle durante le molte ore di marcia. Inoltre il contenuto oscillava, sollecitato dal movimento del corpo durante la camminata, e destabilizzava molto l’andatura.
Ora dovrei saltare avanti di qualche millennio per continuare a parlarvi dell’evoluzione dello zaino, se non fosse che nel 1991, nelle Alpi Italiane, fu fatto un importante ritrovamento. Dal ghiacciaio del Similaun, nelle Alpi Venoste, due escursionisti trovarono i resti di un individuo vissuto 5300 anni fa.
Otzi (così fu chiamato l’uomo dei ghiacci dai ricercatori) oltre a darci importanti notizie sulla vita di queste antiche popolazioni, ci mostrò anche la sua attrezzatura da viaggio, tra la quale fu trovato anche uno zaino.
Da come era vestito e dagli oggetti emersi fu compreso che si trattava di un cacciatore, che le battute dovessero durare molti giorni e che proprio per questo aveva la necessità di caricarsi provviste e oggetti sulle spalle, appunto per affrontare questo difficile territorio. Ma fu proprio lo zaino la cosa che stupì di più ricercatori poiché era costruito con una tecnologia molto particolare per l’epoca: un telaio in legno, fatto da una barra ricurva che veniva bloccata alla base da due assi orizzontali, e delle cinghie, utilizzate come spallacci. Su questa particolare struttura era stata attaccata una borsa in pelle.
Questa struttura è quella che troviamo negli zaini che utilizziamo attualmente per l’escursionismo e non è un caso che la vediamo utilizzare ad un uomo di 5300 anni fa: Otzi aveva capito che un telaio rigido consentiva una migliore stabilità e distribuzione del carico permettendo di poterne trasportare di maggiori. Inoltre parte della struttura poggiava sulla zona lombare che sosteneva il peso, diminuendo l’aggravio alle spalle.
Con questo sistema Otzi poteva portare con se molti oggetti utili e avere braccia e gambe libere per affrontare percorsi anche difficoltosi. Possiamo quindi dire che lo zaino da escursionismo nasce circa 5300 anni fa. Ma, a parte questa scoperta, non abbiamo più testimonianza nel corso dei secoli di zaini con strutture del genere.
I sistemi di trasporto “a spalla”, durante il corso della storia, vengono utilizzati da diversi popoli e, con il passare dei tempo, subiscono un processo di modernizzazione, adattandosi a diversi fini, ma con strutture semplici. Ci sono importanti testimonianze, dell’uso di questo strumento, tra i popoli germanici e in particolar modo tra i longobardi. Questi popoli utilizzeranno lo zaino per il trasferimento di acqua, fieno e legna da ardere, applicando ad un cesto di vimini delle cinghie per caricarlo sulla schiena. Questo accessorio veniva chiamato “zainja”, una parola composta dal termine gotico “tainjo”(=cesto) combinata con la parola tedesca arcaica “zain” (=vimini). I Longobardi porteranno con se in Italia questo utile accessorio, che entrerà nella nostra cultura venendo impiegato in molti usi: dal trasporto di uve e olive, a quello del carbone e delle pelli. Fu così che la parola zainja italianizzata si traformò in “zaino”, termine che tuttora utilizziamo.
Uno zaino più “Moderno”
Per riuscire ad avere qualcosa di simile allo zaino contemporaneo (o comunque allo zaino di Otzi) dobbiamo fare un salto di molti secoli e arrivare al 1878, quando Hanry Merriam (veterano della guerra civile americana) brevettò una intelaiatura di legno che poggiava sui lombi, con fasce di cuoio che passavano sopra le spalle e una parte avvolta da una tela che permetteva di stipare oggetti. Non è l’idea di confort che ci danno gli zaini moderni, ma ci fu un ritorno alla consapevolezza che la schiena deve essere salvaguardata se vogliamo portare grossi carichi, così come aveva pensato Otzi (o chi per lui). Infatti nel 1908 il norvegese Ole Bergan, su questa falsa riga, realizza uno zaino in tela con telaio in metallo ricurvo. Un sistema che si adattava al corpo, molto meglio dell’impalcatura di Merriam. Inoltre Bergan lo dotò di un cinturino che poteva essere legato in vita. Questo permetteva di trasferire dell’altro peso sui fianchi, togliendolo alle spalle. L’idea piacque molto e iniziò a fare presa nel mondo dell’escursionismo, tant’è che l’inventore Lloyd Nelson, circa dieci anni dopo, si accorse che lo zaino era migliorabile e che la schiena sarebbe stata meglio appoggiata su di una cornice rigida. Nelson ideò così una nuova struttura, che avesse però al centro due “ali di tela” e cinghie che permettevano l’adattamento alla curvatura del dorso umano. Con questa modifica, inconsapevolmente, stava nascendo il concetto di “ergonomia”. Concetto che migliorò anche il modo di andare in montagna: dalle pesanti sacche in cuoio completamente sbilanciate arriviamo a qualcosa che migliora la progressione, diventando indispensabile per le ascese. Un sistema talmente pratico che fu utilizzato anche dai militari delle due grandi guerre mondiali.
Abbiamo a questo punto una struttura ergonomica, ben bilanciata e che permette di distribuire il peso del carico su tutto i dorso e non più solo sulle spalle. Potremmo parlare di uno strumento perfetto per l’escursionismo, ma purtroppo non è cosi. Il modello mostra ancora una forte problematica: essendo composto da parti in tela, cinghie in cuoio e telaio in metallo, questo zaino risultava un accessorio molto pesante. Per poterlo migliorare doveva diventare molto più leggero. Infatti una delle caratteristiche che dobbiamo esigere quando compriamo uno zaino è la leggerezza. Fu così che nel 1938 Gerry Cunningam perfezionò il concetto di zaino rendendolo più leggero. Riprogettò il precedente modello utilizzando materiali come il nylon, per la sacca, e l’alluminio, per il telaio. Elementi molto più leggeri ma che, allo stesso tempo, permettevano di mantenere anche la stessa robustezza dei vecchi materiali (forse anche di più), donando al nuovo modello anche un’altra proprietà: l’elasticità. Oltre a questa importante intuizione Cunningam aveva inoltre dotato il suo zaino di scomparti a cerniera, per avere un migliore e facile accesso al contenuto da parte degli escursionisti. Il modello così concepito ebbe un incredibile successo e nel 1946 Gerry e la moglie iniziarono la produzione dei “Gerrys”, gli zaini ben progettati per escursionisti, sciatori e alpinisti.
Tutto il resto è ancora da scrivere. Il modello di Gerry Cunningam è tuttora quello utilizzato dalle imprese che realizzano zaini ed è quindi quello che ci segue ogni volta nelle nostre escursioni. E da quel giorno di 5300 anni fa, lo zaino è diventato un fedele e utile compagno dell’uomo, portando tutti i nostri oggetti e accompagnandoci nelle nostre avventure, come il migliore dei nostri amici.